Bivacco Biasin, Forcella Pizzòn, 2.650 m s.l.m, Pale di S. Martino, Cencenighe Agordino, Bl
Ho avuto modo di collaborare con l'Associazione Cantieri d’Alta Quota per documentare, attraverso fotografie e monografie, la storia e l’architettura di 3 bivacchi alpini. Questo lavoro mi permette di unire la passione per la montagna all’attenzione per il patrimonio architettonico, esplorando il legame tra tradizione e innovazione in contesti estremi. Ogni progetto racconta non solo l’evoluzione tecnica e stilistica di queste strutture, ma anche il loro profondo significato culturale, come simboli di rifugio e resistenza in alta montagna.
“Io me ne stetti, accarezzato dalla tenerezza di quelle aure montanine,inebriato dal respiro balsamico dei boschi, circondato da una pace che sembrava scesa da regioni celesti su un angolo di terra benedetta”: è così che Julius Kugy (1858-1944) definì le Alpi Giulie nel suo primo volume “Dalla vita di un alpinista” (1932).
Quando ci si occupa di questo gruppo montuoso, a cavallo tra Italia e Slovenia, è quantomeno doveroso citare colui che dedicò la vita intera a scalare quelle vette, compiendo oltre cento ascensioni, la maggior parte delle quali furono “prime“ su cime fino ad allora inviolate, (oltre che prime ascensioni invernali), aprendo più di cinquanta nuove vie, in quello che nella prima metà del Novecento era ancora un ambiente minaccioso e frequentato da pochi coraggiosi.
Alpinista, botanico, scrittore, musicista e giurista carinziano, ma triestino d’adozione, Kugy fu una figura dalla spiccata personalità poliedrica, tra gli ultimi interpreti di quell’alpinismo romantico, “puro“, privo di ogni atteggiamento egocentrico e arrivista, che privilegiava un approccio contemplativo e rispettoso della montagna.
Non è un’esagerazione affermare che, dal punto di vista escursionistico e alpinistico, ma anche conoscitivo e culturale, le Giulie non esisterebbero se non fosse stato per l’operato di Kugy.
Miha Kajzelj, architetto e alpinista sloveno, sembrerebbe aver letto e interpretato scritti e parole del ‘‘Pioniere delle Alpi Giulie’’ prima di procedere nel concepire e progettare il bivacco Kotovo Sedlo, collocato sull’omonimo altopiano, nelle Giulie orientali.
Questa struttura, posizionata in loco nel 2005, è quella che, per forma, posizione e attacco a terra, dialoga nel modo più coerente e rispettoso, tra tutte quelle che ho avuto modo di visitare ed in cui vi ho trascorso la notte, con il territorio alpino in cui è inserita: uno scenario imponente, severo e aspro ma allo stesso tempo fragile per la natura delle sue rocce calcaree.
Un bivacco ’2.0’ tanto innovativo nel suo design aerodinamico, quanto autentico ed essenziale nello spirito di protezione che offre,scevro da proposte high tech, ma fedele al suo ruolo antico di riparo.
Si presenta come un prisma grigio metallico che si incunea alla base di una roccia alta poco meno di 20 m, di cui segue il profilo, in una mimesi che non altera il paesaggio in mezzo al quale si trova: un esteso mare roccioso che ricopre con disseminate grandi schegge di pietra: l’altopiano del Kotovo Sedlo, che separa il Monte Mangart (2677m s.l.m.) dal Monte Jalovec (2645m s.l.m.), due delle cime più severe delle Alpi Giulie e la cui cresta (2250 m s.l.m.) costituisce il naturale confine tra Italia e Slovenia. Nonostante il manufatto rispetti e assecondi l’orografia della montagna, adattandosi alla fisionomia della roccia sovrastante di cui sfrutta la protezione, rivendica, al contempo, la sua presenza antropica con onestà, facendo risaltare il riflesso del suo guscio metallico, il cui rivestimento, frutto di un’attenta scelta di materiali, garantisce sicurezza e durata a fronte di condizioni meteorologiche estreme.
Se durante le stagioni prive di neve il bivacco appare completamente in armonia cromatica con l’ambiente che lo circonda, quasi difficilmente individuabile, è durante la stagione invernale che la piccola struttura risulta più evidente.
Pur rimanendo in armonia con la roccia a cui è addossato, spicca nel paesaggio innevato, a richiamare scialpinisti ed alpinisti in cerca di riparo, come ho potuto constatare nella salita che ho effettuato in data 5 gennaio 2024.
- Ubicazione: Alpi Giulie, Altopiano Kotovo Sedlo
- Quota: 2250 m s.l.m.
- Sentiero: -
- Dislivello: +1287 m da Malga Rif. Tamar
- Capienza: 6
- Anno: 2005
Il bivacco si trova nel parco delle Prealpi Giulie, in Alta Val Resia, a un’altitudine di 1690 m. s.l.m., alla base del Torrione Mulaz., un campanile roccioso calcareo, accanto alle due elevazioni Baba Grande e Baba Piccola, che chiudono a sud il caratteristico gruppo del Canin.
Costituisce un valido punto d’appoggio per raggiungere la vetta del Canin (2587 m.) Intitolato all’alpinista Franco Costantini, è stato costruito nel 1981 ed è di proprietà della sezione del CAI di Manzano, che ne cura la manutenzione.
Del tipo “Fondazione Berti”, in lamiera a botte di colore rosso, dispone di nove posti letto a cuccetta, a castello con coperte e materassi, dispone anche di tavolino esterno con panche. Sono presenti un tavolino, sgabelli e varie attrezzature da cucina, non ci sono né stufa, né acqua nelle vicinanze. In questi luoghi si è combattuta la prima guerra mondiale. Poco distante dall’attuale ubicazione, era stato costruito un bivacco in pietra, in seguito distrutto, e successiva mente, nel 1981 è stato costruito l’attuale bivacco in ricordo di Franco Costantini.
E’ visibile anche dalla val Resia, guardando alla base del torrione Mulaz.
Il bivacco è ottimo punto d’appoggio per chi compie l’Alta via Resiana, o intraprende traversate come quella che conduce dal monte Plagne a sella Carnizza, sull’altopiano del Monte Canin, ove è collocato il bivacco Marussich, lungo la panoramica dorsale tra il M. Guarda e il M. Nische.
- Ubicazione: Prealpi Giulie, Val Resia
- Quota: 1690 m s.l.m.
- Sentiero: CAI n. 642
- Dislivello: +500 m da Malga Coot
- Capienza: 9 posti letto
- Anno: 1981
Posizionato a 2650 m s.l.m. sul Monte Agner, nelle Dolomiti bellunesi, in corrispondenza della stretta Forcella dello Spizzon, che collega i Lastei d’Agner al Monte Agner (Gruppo dell’Agner nelle Pale di San Martino), nel comune di Voltago Agordino, il bivacco è intitolato a Giancarlo Biasin, alpinista di Verona, scomparso nel 1964 dopo aver aperto una nuova via sul Sass Maor.
Inaugurato l’8 agosto 1965, il bivacco, eretto per iniziativa della Fondazione Antonio Berti, con il contributo di familiari e amici dell’alpinista scomparso, è costituito da una struttura metallica tipo “Apollonio” ed è gestito dalla Sezione Agordina del CAI. È una meta di passaggio obbligata per raggiungere la cima del Monte Agner, il Gigante delle Dolomiti, indipendentemente dalla via scelta per raggiungere questa vetta dolomitica (la Via Normale, la Via Ferrata Stella Alpina, il sentiero noto come Canalone).
L’Agnèr presenta una disposizione architettonica ‘ciclopica’ la cui imponenza è folgorante: si distinguono infatti la grande ed ombrosa parete nord-est (in realtà è nord-nord-est), caratterizzata da un dislivello di 1500 m, l’interminabile spigolo nord (1600 metri di dislivello, 2000 di sviluppo), e il severo e scomodo versante nord-ovest (1300 m).
Essenziale nell’arredo interno, con pareti rivestite in legno, dispone di nove posti letto. Nel 2015 la sezione proprietaria ha eseguito dei lavori di consolidamento per quanto riguarda il telaio imbullonato d’acciaio, quale fondazione del bivacco e manutenzione degli interni, cercando anche di tamponare le diverse fughe con del silicone.
• Ubicazione: Dolomiti Bellunesi
• Quota: 2650 m s.l.m.
• Dislivello: +1008 m
• Capienza: 9 posti letto
• Anno: 1965"